Mario Adinolfi, si sa, ha paura dei diritti LGBTQ+ e soprattutto non riconosce negli omosessuali, nei transgender e in tutto ciò che non compone la famiglia nucleare e “tradizionale” le pari opportunità.
L’Adi lo sbandiera ogni giorno su Twitter, e puntualmente – alla pari del suo tovarisch Simone Pillon – scade nell’epico scivolone. Ad essere messe in discussione non sono le sue posizioni, quanto il suo modo di argomentarle. L’Adi, infatti, molto spesso dimostra di non conoscere ciò che dice.
È il caso del Giubileo 2025, il cui logo ideato da Giacomo Travisani ha fatto salire le madonne all’Adi che, di fronte a tutti quei colori (4, quattro), si è sentito chiamato alla difesa della famiglia traditzionalen.
L’Adi scrive:
Ma, porca pupazza, è il Giubileo o un Gay Pride? Proprio l’arcobaleno dovevano scegliere nel logo? Comunque, sia chiaro, io sono quello blu: l’ultimo del trenino.
In una frase brevissima l’Adi si macchia di discalculia e vuoti di memoria, ma soprattutto snocciola la classica battuta che tutti, alle medie, abbiamo fatto quando si parlava di omosessualità (“ahah io sto con le spalle al muro ahah”), temendo eventuali massaggi prostatici da parte di qualche ragazzo del “trenino”.
Bene, perché discalculia e vuoti di memoria? I colori dell’arcobaleno sono 7, non 4, e in questo la sua memoria non lo aiuta.
Arriva quindi Nino Cartabellotta, che lo blasta con la stessa veemenza di chi lo seguirebbe nel trenino:
Lei è proprio ossessionato. Le 4 figure rappresentano l’umanità che arriva dai 4 angoli della terra. Si abbracciano per simboleggiare solidarietà e fratellanza tra i popoli.
L’avrà capita l’Adi?
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