Non condanniamo l’autoerotismo, ma quanto accade sulla bacheca di Alessandro Meluzzi spiega in maniera definitiva come funzionano i social di certi personaggi (tristemente) famosi.

Il Melu – così lo chiamiamo affettuosamente – probabilmente ha un social media manager distratto, o probabilmente è distratto lui. Di fatto, se la canta e se la suona da solo. Vi ricordate Simone Pillon? Ecco, succede la stessa cosa.

Il tweet

“Noi soldati di Dio dobbiamo soffrire ma saremo vincenti sul male! Amen! Un forte abbraccio”. Se siete avvezzi all’underground con queste parole dovreste sentire le note di Processus criminalis pro destructione lamiarum dei Militia Christi (esercito di Cristo, per intenderci), ma dubitiamo fortemente che il Melu sia mai stato un acquirente di Ritual o un bramoso ricercatore di band nascoste nel tunnel del gothic, del post punk o del dark ambient.

Okay, esaurita l’ostentazione di una piccola erudizione musicale, andiamo avanti. I tanti Melu che popolano i social si alimentano con like e follower, e con condivisioni e retweet.

Vi ricordiamo il caso di Simone Pillon: in uno dei suoi tanti pipponi vittimisti e integralisti pubblicati sui social, si commentò con un “Forza Simo”, ma fu sgamato. Il Pillon, raggiunto da scherno e critiche, fece il mascellone e confessò di essere stato lui stesso a incoraggiarsi da solo. Meh.

Ecco, il Melu fa la stessa cosa: “Bellissimo messaggio Prof, la Madonna non permetterà tutto questo, avremo un periodo buio e poi arriverà Lei a salvarci”.

Le reazioni dei nostri lettori

“Nemmeno sanno usarli, i profili falsi”, e di questo abbiamo le prove. C’è anche spazio per la parola “capolavoro”, e il Melu sa come rendersi artista inconsapevole. Hai ragione, Cyg.

Il nostro amico Filippo, infine, riconosce un precedente di cui abbiamo appena parlato. “Forza Simo! (Cit.)”.

Non bisogna mai affidarsi troppo ai social, caro Meluzzi.